Trump e il Sudafrica, cosa sta succedendo?

Trump e il Sudafrica, cosa sta succedendo?

L’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump ha segnato da subito un cambiamento
di posizione e di rotta su molteplici questioni internazionali.

E’ da inizio anno che gli Stati Uniti stanno facendo luce su quanto sta accadendo in Sudafrica, dove la minoranza bianca Afrikaner e’ sempre più schiacciata e oppressa dal governo dell’ANC.

Proprio qualche giorno fa –il 21 maggio- si è svolto un incontro alla Casa Bianca tra Trump ed una
delegazione sudafricana guidata dal presidente Ramaphosa, per cercare di attenuare
quella che ormai è diventata una vera e propria crisi, ma andiamo con ordine.

La situazione post-apartheid…

Con la fine ufficiale dell’era dell’Apartheid –la segregazione razziale tra bianchi e neri- e le
prime elezioni democratiche culminate con l’elezione di Nelson Mandela come presidente
nel 1994, il paese ha conosciuto un rapido e radicale cambiamento.

Da lì in poi, si diceva, il Sudafrica sarebbe diventato di tutti, sarebbe stata la “Rainbow Nation”, come viene
definita ancora oggi.

Con i bianchi estromessi dalle sfere di potere e la maggioranza nera ormai “libera”, ci si è subito trovati a fare i conti con problemi come povertà, disoccupazione, disuguaglianze sociali, preludio di tensioni ben più gravi.

Con il governo Mandela si è anche arrivati ad una certa unità, ad una fase iniziale di stabilità, ma dopo un
po’ il sistema ha iniziato a mostrare le sue falle.

L’ANC infatti, il partito di cui faceva parte Mandela, un vero e proprio “movimento di liberazione” di matrice marxista, come la gran parte dei nazionalismi africani di quel periodo. Dal ’94 ad oggi, l’ANC ha governato ininterrottamente il Sudafrica, arrivando al mostrare il suo vero volto.

Gli omicidi nelle campagne e la reazione degli Afrikaner

Una delle dirette conseguenze di questi problemi –di natura sociale e razziale- e di un
paese in cui il tasso di criminalità ha raggiunto livelli stratosferici sono gli omicidi di
contadini e agricoltori, per lo più bianchi.

Negli ultimi due decenni si parla di centinaia di vittime di questi attacchi: proprietà saccheggiate, stupri e veri e propri massacri di intere famiglie, il tutto ben coperto dai media, con la complicità del governo e col beneplacito dei partiti della sinistra più estrema.

E’ noto infatti, il celebre slogan “Kill the Farmer! Kill the Boer!”, cantato apertamente durante i comizi dell’EFF (Economic Freedom Fighters) dinnanzi a migliaia di persone.

La situazione è allarmante, i proprietari terrieri bianchi sono sempre più soli e vulnerabili e ciò ha portato alcuni di loro ad organizzare delle “milizie di vicinato” per difendersi dagli attacchi o ad associarsi in vere e proprie comunità autonome come Orania, nella regione del Northern Cape, dotata perfino di una propria valuta e di un proprio “governo”.

Nel resto del paese invece, organizzazioni come l’Afriforum, insieme al sindacato “Solidariteit”, entrambi parte del Solidarity Movement, operano incessantemente per tutelare e garantire gli interessi degli Afrikaner, oltre alla preservazione della loro identità culturale.

Le politiche governative: tra espropri e repressione:

Come se non bastasse questa situazione che –ripetiamo- è sottaciuta, negata e sminuita
dai media e dagli esponenti del governo, nell’ultimo anno ci sono state due leggi varate dal
“Governo dell’Unità Nazionale” che violano in tutto e per tutto i diritti del popolo Afrikaner e
che hanno fatto accendere i riflettori su questa vicenda:

  • Il BELA Act, riguardante l’istruzione, che col dichiarato obiettivo di garantire l’equità
    e l’inclusività del sistema scolastico, mira a ridurre l’autonomia dei singoli istituti ed
    aumentare il controllo del governo sulle politiche di ammissione, specialmente per
    quanto riguarda le scuole di lingua Afrikaans. Un vero e proprio attacco
    all’autonomia delle scuole Afrikaner.
  • L’Expropriation Act, firmato a gennaio 2025, che autorizza l’esproprio e
    l’acquisizione di proprietà da parte delle autorità governative senza compenso, per
    l’interesse pubblico, al fine di garantire un “equa redistribuzione” delle terre per
    correggere le “ingiustizie storiche”.

E’ stato specialmente il secondo provvedimento, che ci riporta ai tempi dell’URSS con i
Kulaki, a scatenare la reazione da parte statunitense.

Il multimilionario Elon Musk – che ricordiamo essere nato e cresciuto proprio in Sudafrica – ha portato i riflettori sulla situazione ed è stato tra i primi ad esprimere la sua indignazione per quanto stesse
accadendo.

Immediatamente dopo l’approvazione della legge sull’esproprio, il presidente
Trump ha firmato fun ordine esecutivo con due sostanziali provvedimenti:

  1. La sospensione di tutti gli aiuti economici non essenziali al Sudafrica
  2. La concessione del diritto d’asilo a tutti i rifugiati Afrikaners vittime di politiche
    discriminatorie a base razziale, inclusa la confisca delle proprietà.

Nei mesi successivi sono seguite le visite di diverse delegazioni dell’Afriforum, del
Solidarity Movement e di Orania alla Casa Bianca, con l’obiettivo di cercare ulteriore
supporto da parte degli USA nella causa per l’autodeterminazione degli Afrikaner, ma
anche per invogliare il governo americano a fare pressione sul governo dell’ANC, senza
adottare ulteriori provvedimenti che potessero avere effetto sul paese in toto.

A questo incontro è seguita l’ondata di repressione delle organizzazioni Afrikaner da parte
del governo Ramaphosa, con delle accuse formali di Alto Tradimento nei confronti dei
loro principali esponenti, in quanto avrebbero “favorito l’ingerenza di potenze straniere per
agire contro la sovranità nazionale”.

Il prossimo obiettivo del governo? Dichiarare tutte le
organizzazioni bianche fuori legge, in modo da scioglierle ed eliminare un ostacolo alle
sue politiche criminali.

Il perché dell’intervento degli USA

Ora, vista e considerata questa situazione, una domanda sorge spontanea:”Perché gli
Stati Uniti sono intervenuti così rapidamente e così duramente?

Come mai si trovano a supportare un popolo di origine europea che lotta per la propria libertà e la propria indipendenza contro un sistema che loro stessi hanno contribuito a creare – ricordiamo
infatti il ruolo storico degli americani e di tutto l’Occidente nella lotta contro il “vecchio”
Sudafrica e nella creazione dell’assetto attuale del paese-?

Pur riconoscendo il buonsenso di Trump e il merito di Elon Musk nell’aver dato rilevanza
internazionale alla situazione dei suoi – oramai ex – connazionali , anche attraverso la
piattaforma social “X”, non possiamo non intuire che si tratta di una questione che va ben
oltre la semplice ed apparente natura umanitaria.

Come afferma Adriano Scianca in “Europa vs Occidente”, talvolta, per preservare il suo dominio nello scacchiere geopolitico l’Occidente si trova a supportare stati, popoli e lotte del tutto in antitesi con la visione del mondo di cui è portatore, ma si tratta soltanto di una strategia di “realpolitik”.

Sappiamo che il Sudafrica è una nazione che –per quanto al collasso da qualche decennio a questa
parte-, rappresenta comunque uno dei poli economici più importanti di tutto il continente
nero, tanto da essere membro dei BRICS sin dal 2010.

Il paese però, rimane comunque vincolato agli Stati Uniti dal progetto AGOA (African Growth and Opportunity Act), un accordo commerciale che prevede una sorta di “corsia preferenziale” ai paesi dell’Africa subsahariana nelle esportazioni verso gli USA, oltre ad innumerevoli investimenti ed aiuti
economici di altra natura.

Ora, nel testo dell’AGOA, e precisamente nella sezione relativa all’ “eleggibilità” di un paese, si afferma che
Il presidente (degli USA) è autorizzato a designare un paese come eleggibile nel momento in cui il
presidente stesso determina che il paese non prende parte ad attività che minano la sicurezza nazionale
degli Stati Uniti o i suoi interessi in politica estera
”.

Dunque, l’opposto del comportamento che sta assumendo il Sudafrica nell’ultimo periodo.
Ciò che non è stato gradito dagli americani – e lo si legge anche nell’ordine esecutivo di
Trump del febbraio ’25- è soprattutto la posizione aggressiva assunta dal governo
sudafricano nei confronti di Israele all’interno della Corte di Giustizia Internazionale.

Vi è inoltre, la questione dei legami crescenti con l’Iran e la Cina.

Insomma, gli Stati Uniti sono il feudatario che richiama all’obbedienza il proprio vassallo: la questione degli Afrikaner ha un ruolo accessorio nella vicenda, specialmente considerando la responsabilità morale e
storica degli USA nelle vicende che hanno portato al moderno Sudafrica.

La situazione, per ora, resta la stessa. L’incontro all’Oval Office tra Donald Trump, Cyril
Ramaphosa e le rispettive delegazioni si è risolto con un nulla di fatto, oltre al presidente
sudafricano che ha avuto ancora la sfacciataggine di negare davanti al mondo intero ciò
che sta accadendo nel suo paese.

Nel frattempo, il popolo Afrikaner continua a subire mentre il mondo ignora. Per quanto ci
riguarda, quello che ci sta a cuore è il destino di un popolo, di questi figli d’Europa che si
sono sempre riconosciuti nel trinomio “Dio, Terra e Sangue” e che sognano la libertà e

l’indipendenza in un Volkstaat autonomo, mentre il loro diritto ad esistere è continuamente
minacciato.

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