Napoli città del Sole, anzi del solstizio

Tony Fabrizio

Napoli oggi festeggia i suoi 2500 anni e su di lei si sprecano miti e leggende, a partire dalla sua fondazione. A torto o a ragione, tra il serio e il faceto. Paleopoli, la città vecchia, e Neàpolis, la città nuova, proprio vicino a quel porto nei pressi dell’ isolotto di Megaride, lo scrigno in cui la sirena Partenope trovò riposo, dopo che Ulisse – siamo al XII canto dell’Odissea – istruito dalla maga Circe, si fece legare all’albero della nave per non cedere alle di lei tentazioni e mise tappi di cera ai suoi uomini nell’attraversare quelle acque dove poi Virgilio, nascose un uovo su cui poggia, appunto, Castel dell’Ovo.

È difficile sintetizzare in un articolo due millenni e mezzo di miti e leggende, ma è altrettanto difficile accettare che Napoli venga liquidata quale città del sole solo per una favorevole condizione climatica di cui gode, per l’inno affibbiatole che è ‘O sole mio e nessuno si chieda o spieghi il perché.

Iniziamo innanzitutto col dire che Napoli, la nea polis, benché da Pizzofalcone si sia spostata più verso il mare, per il suo sviluppo non segue affatto l’angolazione della costa che è di 40 gradi, ma per lei è stata scelta una gradazione tra i 23 e i 24 che è la perfetta misura di 1/16 di cerchio. Sedici, come le punte delle stelle Apollo/Helios. Di qui la volontà e non solo di riconoscere il nuovo insediamento come la città di Apollo/Helios. Non è un caso che il nome più diffuso sia Ciro, che in lingua persiana significa, appunto, Sole.

Non stupisce, allora, che la data scelta per la sua fondazione sia quella del solstizio d’inverno: nata appunto dal sole nuovo, dal sole invitto. E in occasione del solstizio d’inverno, così come in quello d’estate, Napoli è l’unica città a raggiungere l’angolatura di 36 gradi che, a sua volta, rappresenta l’angolo aureo, interpretato come beneplacito, quindi, favore e protezione di Apollo, simbolo sacro pitagorico.

La volontà di consacrare Napoli al Sole e al solstizio nel giorno del solstizio va ben oltre tutto questo e arriva fino alle radici e al cuore del nuovo insediamento. La struttura di cardi e decumani che ancora oggi è rimasta praticamente intatta è pura poesia di groma e dioptra.

Una intuizione dei docenti Nicola Scafetta e Adriano Mazzarella del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse (DISTAR) dell’Università di Napoli Federico II che osservando la particolare pianta (ortogonale) della città hanno concluso che la struttura di Napoli “volesse comunicare qualcosa”, ne è conseguito uno studio che ha portato a concludere che “la griglia stradale di Neapolis fu progettata come un microcosmo ispirato dalla cosmologia di Pitagora basato sull’armonia della sezione aurea che metteva il sole divino al centro di un universo armonico di dieci sfere concentriche. Infatti, la città, centrata nell’antico tempio dei Dioscuri (oggi basilica di San Paolo Maggiore in piazza San Gaetano), si sviluppa intorno ad un quadrato che misura 2×2 stadi greci (1 stadio è circa 190 m) limitato dai decumani superiore e inferiore e dai cardini di via Atri e via Duomo. Il quadrato centrale è ruotato rispetto agli assi cardinali di circa un sedicesimo di cerchio e la stella a sedici raggi, come accennato prima, rappresentava tra i Greci il dio-sole.

Il legame speciale di Neapolis con il sole appare nel giorno del solstizio invernale quando il sole sorge sopra i monti Lattari a 36° sud-est e durante il solstizio estivo alla stessa ora appare 36° sopra il punto d’est. L’angolo di 36° è l’angolo aureo che definisce il pentagramma e il decagramma pitagorico ed è la frazione d’arco dei dieci settori del grande decagono che caratterizza la geometria della città. Le proporzioni geometriche tra le strade e il cerchio murario di Neapolis sono quindi determinate dalla sezione aurea che è legata al numero dieci, al decagono e al pentagono, tutti simboli sacri pitagoriche. Inoltre, le albe e le sere dei giorni degli equinozi primaverili ed autunnali coinvolgevano tra di loro il sole, il complesso vulcanico del monte Somma-Vesuvio, la collina di Sant’Elmo, le costellazioni della Vergine, dell’Aquila e del Toro. Le prime due costellazioni richiamavano il culto di Partenope come dea e sirena alata legata al mito di fondazione della città più antica, mentre la terza richiamava il culto del Sebeto, il fiume divinizzato di Neapolis. Queste indicazioni provengono direttamente dalle monete antiche di Neapolis mostranti Partenope, un toro ed una dea alata in posizioni che richiamano il sorgere del sole sopra il Vesuvio durante gli equinozi di autunno quando il sole era nel segno della Vergine che in greco è detto Parthenos da cui deriva il nome Partenope”. Il tutto avvalorato dal fatto che l’edificazione delle mura, a differenza di quanto accaduto in altre città coeve, avvenne velocemente, in una decina d’anni, e per giunta sulla base di una pianificazione completa.

È anche vero che, se a Napoli non piove mai perché il meteo fa registrare mediamente duecentocinquanta giorni di sole l’anno, nulla è paragonabile al calore del Sole che bacia Napoli. Parola di Johann Wolfgang von Goethe che nel suo celebre “Viaggio in Italia” alla data del 20 marzo 1787 scriveva testualmente “Il sole era limpidissimo, e menomava lo splendore del fuoco…” per descrivere come povera cosa il fuoco del Vesuvio al cospetto dell’invincibile fulgore dell’astro diurno nei cieli di Νεάπολις.

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