Angelo Pistolesi Presente!
Quello di Angelo Pistolesi fu un omicidio non solo mai risolto, ma dimenticato per moltissimi anni. Non se lo meritava davvero Angelo Pistolesi, missino convinto, entusiasta, corretto, che sacrificava la sua famiglia per il difficile impegno politico nelle difficili sezioni di quel quadrante di Roma che va dal Portuense alla Magliana al Gianicolense.
Angelo pagò colpe non sue, perché venne additato dell’estrema sinistra come uno dei responsabili dei fatti di Sezze dell’anno precedente, dove tra violenti scontri scatenati dell’estrema sinistra contro un comizio del deputato Saccucci del Msi, morì un giovane del Pci.
Ma non è di Sezze che vogliamo parlare, lo faremo in altra sede, ma di Angelo Pistolesi, la cui condanna fu scritta quel giorno. Sì, perché nei mesi successivi il terrorismo rosso colpì i partecipanti missini a quel comizio, sanguinosamente, anche se Pistolesi fu l’unico a lasciarci la pelle e Saccucci si salvò solo perché espatriò.
Ma i comunisti gliel’avevano giurata: e un anno e mezzo dopo, in via Statella al Portuense, un ignoto killer a volto scoperto aspettò Pistolesi sotto casa e lo freddò con tre colpi di pistola al petto. Era il 28 dicembre 1977, dieci giorni prima della strage di via Acca Larenzia, e oggi si può anche pensare che le azioni fossero coordinate, perché nessuno dei responsabili è mai stato individuato e perché l’indiscutibile tecnica militare ha caratterizzato entrambe le azioni criminose.
Ma torniamo a Pistolesi: sposato, padre di famiglia, con due bambine piccole, dipendente dell’Enel. Sono le 8:15 del mattino per la precisione, quando Angelo Pistolesi esce da casa per andare al lavoro. Proprio in quel momento Luigi Zampa, il gestore dell’edicola poco distante, sta dando il resto a un cliente quando sente uno strano crepitio risuonare nell’aria, come una scarica di petardi. Gli ultimi botti di Natale, pensa distrattamente fra sé e sé il giornalaio.
Non erano botti di Natale. Pistolesi, colpito da tre proiettili sparati a bruciapelo da uno sconosciuto, scivola sul selciato ferito a morte. L’assassino, portato a termine il misfatto, si allontana a passo svelto per scomparire dietro l’angolo. L’edicolante, che ha fatto solo in tempo a vedere Pistolesi cadere a terra, chiama subito aiuto.
Qualcuno telefona alla polizia mentre il ragazzo viene soccorso. Il killer di Angelo ha dimostrato un sangue freddo fuori dal comune, giungendo sul luogo dell’agguato a piedi, in tutta calma e a volto scoperto, per non dare troppo nell’occhio. Percorsi pochi metri, ha aspettato Angelo sotto casa per puntargli la pistola al petto e sparare.
Poi, una volta compiuto il crimine, l’uomo ha girato i tacchi ed è tornato sui suoi passi. Stefano Gentili, il nipote del giornalaio, lo ha sorpreso proprio nel momento in cui si disfaceva dei guanti gettandoli in un cortile. Il killer, risalito sulla macchina rubata a Monteverde che aveva parcheggiato in una piazzetta poco distante, prende il volo.
Candidato nella lista missina al Campidoglio nelle elezioni del 1976, Pistolesi come detto aveva svolto campagna elettorale al seguito dell’onorevole Sandro Saccucci. Facciamo un passo indietro: quando Saccucci, alle due di notte di quel maggio 1976, poche ore dopo la tragedia di Sezze, telefonò al segretario del partito Giorgio Almirante per informarlo dei fatti, ancora non sapeva che era morto un ragazzo innocente, perché l’auto con Saccucci, Pistolesi e altri aveva già lasciato il comune di Sezze, mentre l’auto che seguiva, con a bordo Allatta e i suoi figli, era stata intercettata da un gruppo di estremisti di sinistra.
Pertanto, né Saccucci né tantomeno Pistolesi erano responsabili di alcunché. Tanto che Pistolesi fu scagionato completamente dal guanto di paraffina anche se qualche settimana di carcere se la fece, completamente innocente. Ma a quei tempi le cose andavano così: si incarceravano i missini e si buttava la chiave e poi, quando risultavano innocenti, venivano rilasciati senza neanche le scuse.
A quei tempi il Msi lottava per la propria sopravvivenza, ogni giorno le sue sedi venivano incendiate e bombardate, come quella di Marconi dove era di casa Saccucci, i suoi militanti venivano aggrediti, sprangati, fatti a segno di colpi di arma da fuoco, arrestati. Alle elezioni Saccucci, che era ancora candidato, prese qualcosa come 37mila voti.
Quello che emerge da questa vicenda è che Pistolesi era completamente innocente. A 47 anni dal fatto di sangue di cui oggi si celebra la ricorrenza, degli assassini di Pistolesi, dei mandanti, dei complici, ancora oggi non è stata trovata – ma neppure cercata – nessuna traccia
Noi non dimentichiamo.
Presente.