
Undici mesi prima, nel novembre del 1953, Trieste fu teatro di una larga e sanguinosa insurrezione.
Mentre l’Europa dell’Est era già stretta nella morsa del comunismo e il resto del continente taceva sotto le regole dell’occupazione angloamericana, una città di frontiera scelse di ribellarsi per difendere la propria identità e la propria libertà, per il tricolore che lo straniero non voleva veder sventolare sulla città redenta dallo sforzo di quattro guerre d’indipendenza.
Furono studenti, lavoratori, donne, ragazzi. Esuli dell’Istria e della Dalmazia. Veterani della Repubblica Sociale Italiana. Per tre giorni si scontrarono contro i mezzi corazzati britannici e con la polizia che sparava sulla folla. Sul selciato rimasero sei morti, decine di feriti. I caduti furono Piero Addobbati, Antonio Zavadil, Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Saverio Montano, Erminio Bassa.
Ma dopo la repressione delle sommosse Trieste non tornò indietro. E undici mesi dopo, il 26 ottobre 1954, la città tornò finalmente alla madre patria.
Accadde prima di Budapest, prima di Praga: fu Trieste la prima città ad indicare ai popoli d’Europa la via della rivolta contro l’occupante, qualunque volto avesse. Una lezione di dignità nazionale per la libertà dei popoli europei.
Onore a Trieste, città indomita e fedele.
