
Margherita Audisio e le donne del SAF
Nata a Venezia, nel marzo 1926, Margherita Audisio cresce in una famiglia di innamorati della
patria, che ha dato ben cinque combattenti nella Repubblica Sociale Italiana (RSI), un background
familiare che non solo segnò la sua infanzia ma influenzò profondamente la sua visione della guerra
e del patriottismo; ed è proprio per queste sue radici, non appena le venne proposto di arruolarsi
come volontaria nel Servizio Ausiliare Femminile (SAF) non esitò nemmeno un istante ad accettare,
fare le valige ed andare via di casa, una scelta alquanto difficile per una ragazza di soli vent’anni.
Quante ragazze e donne oggi giorno seguirebbero i propri uomini, padri e fratelli in guerra?
Ma cos’è il SAF?
Il “Servizio Ausiliario Femminile” fu fondato ufficialmente nel 1944, con lo scopo di far
partecipare attivamente le donne a sostegno delle forze armate della RSI.
Alla sua guida c’era Piera Gatteschi Fondelli, che aveva già esperienza nell’organizzazione
femminile del Partito Nazionale Fascista. Le donne del Servizio Ausiliare non si occupavano solo di
cucire divise o di cucinare, come in molti pensano, ma avevano mansioni molto precise: si
occupavano di assistenza sanitaria, servizi amministrativi, segreteria militare, propaganda, gestione
dei magazzini di rifornimento e logistica e perciò ricevevano una formazione base, seguivano un
addestramento e rispettavano una rigida disciplina.
Tuttavia, nonostante non fossero combattenti, ma ausiliarie, venivano viste con odio da coloro i
quali con perdonavano loro la “colpa” di aver servito la Repubblica Sociale, di essere Fasciste o –
peggio ancora – di aver indossato quella divisa.
Le cronache raccontano che appena le città venivano “liberate”, i partigiani usavano andare casa per
casa, negli ospedali e nelle caserme, dove sapevano che c’erano ausiliarie, che venivano catturate e
stuprate per poi essere fucilate.
Prima del massacro, concedevano alle donne di scrivere delle lettere per i propri cari e quelle di
Margherita Audisio indirizzate alla sorella ed alla madre raccontano i suoi ultimi momenti così:
– alla sorella Luciana –
“Carissima Luciana, fra pochi minuti sarò fucilata. Una consolazione devo darti, fucilazione al
petto e non alla schiena.
Raggiungo papalino in paradiso, perché mi sono confessata e comunicata, e con lui vi proteggerò
tutti. Tu sai che sono sempre stata una pura della mia fede: in essa ho sempre creduto, credo
ancora e sono contenta di morire. Consola la mamma. Perdono a tutti. Non piangete. Evviva
L’Italia! Ti bacio. Tua sorella”
Per quanto riguarda la lettera che scrisse alla madre, decise di iniziarla con una frase che conobbe
da suo fratello Antonio, che era un combattente nel battaglione Lupo della Decima MAS, lui non
riuscì ad andare in guerra perché si ammalò gravemente durante un addestramento e venne
rimandato a casa.
– alla madre –
“<< Fosse anche la mia morte, purché l’Italia viva>>
Io vivo per la patria, e per la patria ho giurato la morte. Tutti i pensieri, le passioni di adolescente,
di giovane ventenne, non mi hanno fatto volger gli occhi, non mi hanno vinto. Io tendo le pupille
sbarrate all’orizzonte, lontano e nebuloso: La è la patria. Madre delle mie carni, mi comprendi?
Quindi non piangerai, madre eterna, madre del pianto!
Tu che nel mondo seminasti lacrime, che vivi di lacrime, non piangerai. Questo è per me l’unico
tormento, l’unico dubbio che qui in terra lascio. L’altra mia angoscia, per la madre grande, si
placherà quando sulla terra nuda, il corpo si troverà rigido nella morte. E’ la mia sorte.
Ma una cosa voglio dire: Patria mia, il nostro sacrificio non sarà vano. E Iddio dall’alto ti
proteggerà, mentre i morti ti guideranno. Italia, credo sempre in te, risorgerai!
Fratelli miei di fede, questo è il mio credo.
<< Chi muore per la patria, vissuto è assai!>>
Perciò non piangete. Pensate che quando si ha dato tutto per la patria, non si ha dato abbastanza.”
Dopo pochi giorni da queste parole toccanti, venne fucilata al petto, senza pietà.
La sua voce si spense nel silenzio, ma la sua memoria e le sue parole, le ricordiamo tutt’oggi.
Oggi ricordiamo che, il primo Maggio 1945 a Nichelino, una giovane ventenne perse la vita solo
perché per loro indossava la divisa sbagliata, fedele ad un ideale diverso da quello dei suoi
carnefici.
Margherita, il tuo sacrificio non sarà dimenticato!